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Scoccati: coltivazione del riso, siccità e zanzare. 5/7/2006
Intervenire prima che il problema sia ingovernabile.
Con l’arrivo della stagione estiva ritorna d’attualità per il territorio casalese l’argomento delle zanzare, che provocano seri fastidi ai cittadini, soprattutto nelle ore serali. Sul tema, che diventa di anno in anno sempre più dibattuto, interviene l’assessore all’agricoltura di Casale Monferrato Enrico Scoccati, con questa dichiarazione:
“Negli ultimi decenni il numero delle zanzare è cresciuto in Piemonte in modo esponenziale, causando, particolarmente nella nostra area, non soltanto gravissimi problemi di vivibilità, ma anche danni economici. Il fenomeno è dovuto, secondo il risultato degli studi scientifici eseguiti, a diversi fattori, fra loro concatenati: dall’incremento delle temperature medie ( +0,8° C in un secolo), in parte alla non sempre buona gestione del territorio, ma in modo specifico all’attuale metodo di coltivazione del riso. Infatti la specie di zanzara che è cresciuta in quantità rilevante (nota come Aedes caspius) per svilupparsi ha bisogno di terreni in cui vi sia un’alternanza più o meno frequente di fasi di allagamento e di asciutta. Quando il terreno non è sommerso, le femmine possono deporvi le uova, quando è allagato le uova si schiudono, le larve crescono ed in pochi giorni danno origine ad una nuova generazione di adulti in grado di raggiungere paesi e città situati anche a chilometri di distanza. La risicoltura, così come era attuata prima dell’avvento della meccanizzazione, non prevedeva frequenti cicli di asciutte e sommersioni, ma un unico allagamento ad inizio stagione che perdurava fin poco prima della mietitura. Il sistema di lavorazione ( trapianto, monda...), effettuato in copertura, limitava moltissimo la presenza dei fastidiosi insetti. Con l’avvento della meccanizzazione, a partire dagli anni 50 del secolo scorso, i benefici economici e sociali sono stati evidenti, ma hanno prodotto come effetto indesiderato la propagazione delle zanzare . Oggi il nostro Paese è il maggior produttore risicolo europeo e la maggior superficie di produzione è compresa tra le province di Alessandria, Biella, Novara, Vercelli,Milano e Pavia. Il problema delle zanzare interessa ormai una popolazione di oltre quattro milioni di persone diffuse su tutto il territorio appena citato. Da maggio a fine agosto le serate diventano invivibili per i residenti, mentre i turisti evitano di ritornare nelle nostre zone. Sono ormai più di dieci anni che, per tentare di risolvere il problema, la Regione Piemonte, insieme con gli Enti Locali, ha avviato progetti di lotta larvicida , sul cui esempio anche il Comune di Milano si è attivato nello stesso senso. Tali progetti hanno però dei limiti di estensione che si traducono in risultati parziali e limitati all’inizio della stagione, quando le temperature notturne non consentono ancora grosse migrazioni dalle aree non trattate. D’altro canto è impensabile estendere i trattamenti su tutta la superficie risicola. In tutta questa vicenda si inserisce anche un altro argomento, di non secondaria importanza: la riduzione progressiva delle risorse idriche. Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una diminuzione dell’acqua disponibile in quasi tutti i paesi del mondo, tant’è che si prevede che nel XXI secolo le guerre principali si combatteranno proprio per questa risorsa. In Piemonte stiamo assistendo all’impoverimento sempre più marcato dei serbatoi naturali, i ghiacciai, a seguito delle più ridotte nevicate invernali. Inoltre, la tendenza delle precipitazioni annue si conferma verso la diminuzione, con concentrazioni di piogge in pochi grandi eventi ed in maniera disomogenea sul territorio. Questo fa sì che molta dell’acqua che cade non venga trattenuta per alimentare le falde, mentre provoca con ripetuta frequenza allagamenti e alluvioni. In questo panorama non certo positivo si va ad inserire la risicoltura che, con 120.000 ettari in Piemonte coltivati mediamente all’anno, trattiene non meno di 60.000.000 di metri cubi d’acqua in ogni istante da maggio ad agosto sottoponendola ad una evaporazione esasperata. Se la situazione è al momento tollerabile, cosa succederà nei prossimi anni? E’ facile prevedere che il costo dell’acqua continuerà a salire, con importanti aggravi sulle aziende che non si saranno premunite, finchè, con il fine di recuperare risorse idriche, interventi istituzionali imporranno drastiche riduzioni dell’impiego dell’acqua in agricoltura. Ed ecco, pertanto il nocciolo della mia riflessione: siamo ora in tempo ancora per intervenire, ma non dobbiamo aspettare ulteriormente, altrimenti il problema,che si compone di diversi aspetti tra loro correlati ( la risorsa acqua, il metodo di coltivazione, le zanzare, il futuro economico del comparto, il benessere dei cittadini...), non potrà più essere governato. Si tratta anche di un problema politico, che mi coinvolge, in quanto responsabile di una delega in qualità di amministratore della cosa pubblica. Trattandosi di un problema sovraregionale è mia intenzione far partire una richiesta di impegno rivolta al Ministero delle Politiche Agricole, alle Amministrazioni provinciali e regionali, alle associazioni di categoria dei coltivatori, per discutere della proposta di passare alla coltivazione del riso in asciutta su vasta scala. Ma seriamente in asciutta, con irrigazione per aspersione o, se per scorrimento, adottando tutti gli accorgimenti necessari affinché l’acqua non permanga in alcun punto della risaia per più di un giorno. In alternativa, per limitare il problema zanzare, si dovrebbe perlomeno posticipare il più possibile la sommersione delle piane (semina in asciutta) e, una volta che l’acqua viene immessa, colonizzare le risaie con il pesce larvivoro e non variare più il livello dell’acqua fino a fine stagione. Per ridurre la proliferazione delle malerbe infestanti, quali soprattutto il riso crodo, si dovrebbe avvicendare la coltivazione con la soia, che permetterebbe di avere il 50% di risaie allagate in meno all’anno. I vantaggi sarebbero molteplici: risparmio sul costo dell’acqua, riduzione dei problemi di alghe e parassiti animali, diminuzione di produzione di metano e di ossido di azoto, limitazione di sostanze tossiche nel terreno... Molti studi scientifici ed esperienze in altri Paesi sono a sostegno di queste tesi che ho appena esposto. Credo che non possiamo più permetterci di aspettare. Iniziamo un serio ragionamento. Tutti insieme. Per il bene della nostra agricoltura, del suo valore economico, del territorio che ne è espressione.